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la crisi di fede
- maggi.livio
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2 Anni 4 Mesi fa #263
da maggi.livio
la crisi di fede è stato creato da maggi.livio
condivido un articolo che mi ha particolarmente colpito:
I vescovi italiani e la crisi della fede
La Repubblica - 23 maggio 2022
di Enzo Bianchi
Oggi si apre l’assemblea dei vescovi italiani chiamati innanzitutto non al rinnovamento delle cariche istituzionali, ma a leggere insieme l’oggi di Dio per la chiesa, scrutare insieme i segni dei tempi che devono indirizzare le scelte e delineare, per il futuro prossimo, i passi da osare. Non è un’ora facile, e si potrebbe anche dire con linguaggio profetico che questi sono “giorni cattivi” perché si è fatta sempre più evidente la crisi ecclesiale in molti suoi aspetti.
È ormai attestato che dopo la pandemia le piazze sono tornate a riempirsi, ma le chiese restano vuote, con una diminuzione di partecipanti alle assemblee liturgiche che inquieta e deve interrogare. Le motivazioni che di consueto vengono individuate per illustrare questa crisi iniziata negli anni ottanta – la secolarizzazione, il mutamento di vita nella società del benessere, il consumismo, il relativismo morale – non sono più sufficienti a spiegare l’accelerazione con la quale siamo stati introdotti in una società post-cristiana e in una cultura dalla quale il cristianesimo è stato espulso.
Avevamo annunciato tempi in cui le chiese cristiane avrebbero avuto lo statuto di minoranze, ma eravamo certi che sarebbero state minoranze significative, capaci di inoculare diastasi salutari nella società. Oggi non ne siamo più sicuri perché l’indifferenza verso il cristianesimo è talmente imperante che sembra aver sopito addirittura la domanda di senso, le domande ultime.
Difficile definire questo fenomeno: non è declino, non è decadenza morale, non è mancanza di pensiero autorevole, ma resta un venir meno silenzioso, visibile solo per chi frequenta le chiese e constata una fuga delle donne e soprattutto dei giovani dalla liturgia.
Abbiamo speso cinquant’anni per l’evangelizzazione, in un impegno che la chiesa italiana ha saputo onorare e vivere seriamente, eppure il risultato è una sterilità crescente. Conosco bene le chiese occidentali dell’Europa per poter dire che la chiesa italiana ha cercato con fatica nuove strade, ispirandosi in modo convinto al concilio Vaticano II più di altre chiese europee, e tuttavia ciò che le resta da riconoscere è che l’attuale crisi è una crisi innanzitutto della fede! Comprendo che l’affermazione spaventa, ma occorre avere il coraggio di questa denuncia: non manca la testimonianza (sempre inadeguata al Vangelo!), non manca la disponibilità a lavorare, perché la chiesa oggi è stanca, esaurita, fiaccata, ma manca la fede a partire dal popolo di Dio. La verità è questa: se non si crede che Gesù Cristo è vivente, è risorto da morte e ha vinto la morte, che ragione c’è a professarsi cristiani, che beneficio se ne trae? Se non si crede che la morte è solo un esodo, che ci sarà un giudizio sull’operato umano e una vita oltre la morte, una vita senza più pianto né lutto, perché si dovrebbe diventare cristiani e perseverare in questa appartenenza? Non basta l’etica per essere cristiani: gli esseri umani sanno darsi un’etica. Non basta la spiritualità: gli esseri umani sanno crearsela. Ma se viene meno la fede, se non c’è più la memoria che trasmette la fede, come sarà possibile essere cristiani? Oggi la “chiesa brucia”, il “gregge è smarrito” e soprattutto diviso più che mai, ma se non ci si interroga sulla fede l’agonia in Europa continuerà.
I vescovi italiani e la crisi della fede
La Repubblica - 23 maggio 2022
di Enzo Bianchi
Oggi si apre l’assemblea dei vescovi italiani chiamati innanzitutto non al rinnovamento delle cariche istituzionali, ma a leggere insieme l’oggi di Dio per la chiesa, scrutare insieme i segni dei tempi che devono indirizzare le scelte e delineare, per il futuro prossimo, i passi da osare. Non è un’ora facile, e si potrebbe anche dire con linguaggio profetico che questi sono “giorni cattivi” perché si è fatta sempre più evidente la crisi ecclesiale in molti suoi aspetti.
È ormai attestato che dopo la pandemia le piazze sono tornate a riempirsi, ma le chiese restano vuote, con una diminuzione di partecipanti alle assemblee liturgiche che inquieta e deve interrogare. Le motivazioni che di consueto vengono individuate per illustrare questa crisi iniziata negli anni ottanta – la secolarizzazione, il mutamento di vita nella società del benessere, il consumismo, il relativismo morale – non sono più sufficienti a spiegare l’accelerazione con la quale siamo stati introdotti in una società post-cristiana e in una cultura dalla quale il cristianesimo è stato espulso.
Avevamo annunciato tempi in cui le chiese cristiane avrebbero avuto lo statuto di minoranze, ma eravamo certi che sarebbero state minoranze significative, capaci di inoculare diastasi salutari nella società. Oggi non ne siamo più sicuri perché l’indifferenza verso il cristianesimo è talmente imperante che sembra aver sopito addirittura la domanda di senso, le domande ultime.
Difficile definire questo fenomeno: non è declino, non è decadenza morale, non è mancanza di pensiero autorevole, ma resta un venir meno silenzioso, visibile solo per chi frequenta le chiese e constata una fuga delle donne e soprattutto dei giovani dalla liturgia.
Abbiamo speso cinquant’anni per l’evangelizzazione, in un impegno che la chiesa italiana ha saputo onorare e vivere seriamente, eppure il risultato è una sterilità crescente. Conosco bene le chiese occidentali dell’Europa per poter dire che la chiesa italiana ha cercato con fatica nuove strade, ispirandosi in modo convinto al concilio Vaticano II più di altre chiese europee, e tuttavia ciò che le resta da riconoscere è che l’attuale crisi è una crisi innanzitutto della fede! Comprendo che l’affermazione spaventa, ma occorre avere il coraggio di questa denuncia: non manca la testimonianza (sempre inadeguata al Vangelo!), non manca la disponibilità a lavorare, perché la chiesa oggi è stanca, esaurita, fiaccata, ma manca la fede a partire dal popolo di Dio. La verità è questa: se non si crede che Gesù Cristo è vivente, è risorto da morte e ha vinto la morte, che ragione c’è a professarsi cristiani, che beneficio se ne trae? Se non si crede che la morte è solo un esodo, che ci sarà un giudizio sull’operato umano e una vita oltre la morte, una vita senza più pianto né lutto, perché si dovrebbe diventare cristiani e perseverare in questa appartenenza? Non basta l’etica per essere cristiani: gli esseri umani sanno darsi un’etica. Non basta la spiritualità: gli esseri umani sanno crearsela. Ma se viene meno la fede, se non c’è più la memoria che trasmette la fede, come sarà possibile essere cristiani? Oggi la “chiesa brucia”, il “gregge è smarrito” e soprattutto diviso più che mai, ma se non ci si interroga sulla fede l’agonia in Europa continuerà.
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- sorrentino.francesco
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2 Anni 4 Mesi fa - 2 Anni 4 Mesi fa #264
da sorrentino.francesco
Risposta da sorrentino.francesco al topic la crisi di fede
Mi permetto di dire che E. Bianchi sembra aver scoperto l’acqua calda! Sulla crisi di fede se ne parla sin dalla Rivoluzione francese... Oggi, forse, la crisi è un’altra. Stefano Zamagni in una intervista all’Osservatore Romano (due o tre anni fa, non ricordo) diceva che negli ultimi 40 / 50 anni stiamo vivendo la seconda secolarizzazione. La prima aveva come motto: “Vivere come se Dio non esistesse”. La seconda ne ha un altro: “Vivere come se la comunità non esistesse”.
In realtà, molti di coloro che – come dice Bianchi – riempiono le piazze e non vanno in chiesa, non dicono di non avere fede... affermano spesso: “credo, ma non vado in chiesa...”. Lo sappiamo benissimo che la fede cristiana è per sua essenza comunitaria, eppure l’individualismo dilaga anche tra i cristiani... È un individualismo che da una parte è fomentato dal clima culturale della post-modernità, dall’altra è incoraggiato dalla propria struttura ecclesiale, che in molti casi non ha ancora assimilato fino in fondo la sinodalità.
Penso che il vero problema sia ecclesiologico. Che visione di Chiesa regna in Italia (ma non solo)? Da quel poco che percepisco, mi sembra ancora molto “piramidale” e clericalista. Se le piazze sono piene e le chiese sono vuote, ciò che sta in crisi non è la fede (almeno non soltanto!) ma il tipo di esperienza comunitaria che stiamo offrendo per poter vivere la fede.
In realtà, molti di coloro che – come dice Bianchi – riempiono le piazze e non vanno in chiesa, non dicono di non avere fede... affermano spesso: “credo, ma non vado in chiesa...”. Lo sappiamo benissimo che la fede cristiana è per sua essenza comunitaria, eppure l’individualismo dilaga anche tra i cristiani... È un individualismo che da una parte è fomentato dal clima culturale della post-modernità, dall’altra è incoraggiato dalla propria struttura ecclesiale, che in molti casi non ha ancora assimilato fino in fondo la sinodalità.
Penso che il vero problema sia ecclesiologico. Che visione di Chiesa regna in Italia (ma non solo)? Da quel poco che percepisco, mi sembra ancora molto “piramidale” e clericalista. Se le piazze sono piene e le chiese sono vuote, ciò che sta in crisi non è la fede (almeno non soltanto!) ma il tipo di esperienza comunitaria che stiamo offrendo per poter vivere la fede.
Ultima Modifica 2 Anni 4 Mesi fa da sorrentino.francesco.
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- manco.giovanni
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2 Anni 4 Mesi fa #265
da manco.giovanni
Risposta da manco.giovanni al topic la crisi di fede
Ringrazio vivamente i confratelli p. Livio e p. Francesco per la condivisione sia dell'articolo che dell'opinione espressa in merito. Seguo Bose e Enzo Bianchi da anni e posso dire che il suo giudizio sul " termomentro della fede" in Europa concorda con quello dei piu' illuminati teologia europei, non ultimo Christoph Teobald che, addirittura, parla di " esculturazione del crisitianesimo " in Europa. Nelle lezioni di teologia pastorale con i nostri diaconi affronto spesso questo tema che coinvolge da vicino i missionari del Pime. " Francia, paese di missione" gridavano 60 anni fa Godin e Daniel e oggi direi: Europa, paese di missione". Sono contento che anche il nostro superiore generale in un intervento all'inizio dell'Assemble della DECE abbia parlato finalmente di " Italia paese di missione". Per noi del Pime questo vuol dire che i confratelli che vengono a lavorare in Italia si trovano davanti ad uno scenario di " nuove sfide della missione" e " dovrebbero ricevere anche loro il crocifisso". Questo senza togliere la sostanza della nostra identita' pimina di ad gentes, ad extra, insieme e per tutta la vita. Cambia di 360 gradi l'epistemologia della missione e la sua "trasformazione"( Bosch). Le nostre sorelline dell'Immacolata stano facendo una bella esperienza di missione in un quartiere alla periferia di Milano, Pioltello che e' anche il paese dell'amato padre Giovanni Gadda. Lo Sprito sta' soffiando e con papa Francesco ci spinge ad essere una Chiesa e un PIME sinodale! Sono d'accordo con te, Francesco, che putroppo domina ancora troppo clericalismo che ci impedisce di essere fedeli al Signore, al Vangelo, alla Chiesa missionaria del Vaticano II e ai poveri di Gesu' Cristo con l'ecologia integrale e la pratica della Pace. Buon lavoro! p. Gianni Manco
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